venerdì 8 ottobre 2021

COSA SI NASCONDE DIETRO LA RIFORMA DEL CATASTO. L'AGENDA 2030 CONTINUA...

Le tensioni  scoppiate in questi giorni all’interno dalla composita maggioranza che sostiene il governo Draghi hanno chiaramente ragioni elettorali, ma non è un caso che questi contrasti si siano concentrati sul tema della riforma fiscale, e soprattutto sull’aggiornamento del catasto degli immobili, che avrà un enorme impatto, nel medio periodo, sui cittadini italiani.

Si tratta di una riforma complessiva che, come al solito, ci viene dettata dalle istituzioni europee come contropartita per i fondi del recovery. La Commissione Europea infatti ha indicato una serie di obiettivi e di riforme (dal fisco alla giustizia, solo per citarne un paio), che l’Italia dovrà portare avanti sotto uno stretto monitoraggio di Bruxelles.




La revisione catastale punta, da qui ai prossimi 5 anni, a mappare i valori degli immobili, individuando gli edifici fantasma e aggiornando i valori di tutti quegli immobili che in questi decenni hanno visto un costante incremento del loro valore.

Draghi assicura che, fino al 2026, nessun aumento delle tasse sulla casa è previsto e che si tratta di una semplice “operazione trasparenza”.  In sostanza il banchiere centrale ci dice che il governo ha deciso di spendere soldi e tempo nel aggiornare l’accatastamento di tutti gli immobili degli italiani per pura curiosità, giusto per sapere il valore esatto di ogni casa, senza voler modificare la tassazione, almeno fino al 2026.

Su quello che dovrebbe avvenire dopo questa data, che coincide con il termine previsto per il completamento del processo di revisione dei valori catastali, non è dato sapere, ma è facile prevederlo.

Monti, il predecessore di Draghi, l’altro Super Mario, lo aveva detto in maniera chiara che il fatto che la maggioranza degli italiani possedesse una casa di proprietà era un “limite alla competitività del Paese e un freno alla mobilità sul lavoro”.

Avere una casa di proprietà significa da un lato essere radicati in un luogo e in una comunità, e dunque essere meno disposti a farsi sballottare in giro per il mondo dal datore di lavoro, e dall’altro essere meno ricattabili dal punto di vista finanziario. Non parliamo di chi di case poi ne ha più di una che può perfino ottenere dei redditi dall’immobile extra o risparmiare sui soldi per le vacanze.

Il modello economico del Grande Reset prevede che i cittadini non posseggano beni e cespiti, “non possiederai nulla e sarai felice” ci promettevano dal World Economic Forum per il 2030, accompagnando la previsione con uno spot in cui un giovane sorridente rivendicava il suo essere nullatenente e felice. Casa, automobile, beni durevoli dovrebbero essere in affitto o concessi pro tempore.

In sostanza la forma più evoluta del capitalismo nella visione dei padroni del mondo coincide con quella del comunismo, con la popolazione che non possiede i beni che utilizza, ma con una differenza sostanziale: per i comunisti tutti i beni appartenevano allo Stato, per i signori di Davos devono appartenere a mega imprese private, dopo la distruzione sistematica della piccola e piccolissima impresa.

Un mondo fatto di cittadini privi di beni propri e totalmente ricattabili da un lato, e un piccolo gruppo di megamiliardari che hanno il monopolio della produzione e del possesso della ricchezza dall’altro.


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